martedì 1 dicembre 2009

Nel nome del padre?



Così un padre deluso del suo Paese conclude una lettera a suo figlio.
Dietro "l'amarezza" c'è la speranza di ogni padre verso un figlio.
La speranza di aver cresciuto una persona vera, uno o una, che non si tirerà indietro e non fuggirà di fronte ad un sistema paese abbandonato a se stesso, privo di una briciola di forza che va avanti, se va avanti, per inerzia.

Però dietro quelle parole c'è anche un limite, che in fondo è proprio il limite italiano.
Si rimane concentrati su se stessi. Nel dialogo immaginato dal padre con suo figlio manca la comunità, manca un gruppo sul quale appoggiarsi al quale chiedere aiuto e sostegno.

Si finisce per lottare contro i Mulini a vento per poi cedere e omologarsi.
All'Italia manca la fiducia dei vecchi delusi e stanchi, che non sanno farsi da parte perché imprigionati nei loro ruoli, perché incapaci di uscire da se stessi.

All'Italia manca l'azzardo dei giovani.
Spesso iperprotetti e, poi, lasciati allo sbaraglio.
Con genitori italiani sempre pronti a custodirli come bambini, ma poco disponibili ad accettarli come figli nella loro adultità.
Solo i giovani sanno andare oltre immaginando strade mai percorse.
Però serve anche condividere le proprie speranze e trasformarle in progetto.
Abbiamo bisogno di una solidarietà che si trasmette tra le generazioni.

Mi sarebbe piaciuto leggere, nelle conclusioni di quella bella lettera, di un padre che avrebbe sostenuto e sarebbe stato al fianco della lotta di un figlio per un Paese che va cambiato.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono completamente d'accordo con la tua analisi-
Paolo

ermoviola ha detto...

Fortunatamente anche altri la pensano allo stesso modo http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/12/02/ma-padri-non-devono-invitare-alla-fuga.html
Ho letto un articolo di Benedetta Tobagi che mi è sembrato molto sensato su questo tema lo trovi al link qui sopra.

Alessandro Iapino ha detto...

A proposito di padri. Il vicecapo della protezione civile, arrestato, in una intercettazione chiede all'imprenditore, in cambio di appalti, 'benefici' per il figlio Filippo: "Tra qualche giorno compie 30 anni e io mi chiedo come padre: che ho fatto per lui? Un cazzo!"