All'unisono si parla di esigenza di sicurezza. Tutti dicono che è necessario che il delinquente paghi. E penso che sia estremamente corretto, ma anche una grande ovvietà.
Però poi si fa presto a etichettare delinquenti quelli più lontani e i meno rappresentati. Così i primi a pagare sono i lavavetri, i rom o gli immigrati clandestini... e poi a chi toccherà?
Adesso assitiamo a maxi retate e proposte di legge.
Siamo tutti d'accordo sulla sicurezza, perché a casa nostra dobbiamo stare tranquilli!
Ma a me qualcosa non quadra:
1) Quando il clima si scalda ci accorgiamo che c'è qualcuno che si sente giustificato a fare il giustiziere. Così la rincorsa alla sicurezza corre il pericolo di fomentare violenza. E quando si lascia fare alla rabbia e non al diritto quelli che ci rimettono sono sempre i più deboli.
2) Addossare tutta la responsabilità dell'insicurezza agli "stranieri" è quanto meno riduttivo. Noi che siamo la patria delle più importanti e grandi organizzazioni di criminalità organizzata...
3) Il problema della nostra insicurezza, mi sembra, nasca anche dai nostri stili di vita.
- Abbiamo la tendenza a rinchiuderci in noi stessi, perché pensiamo di essere autosufficienti . Così viviamo sempre meno i luoghi pubblici e cresce una sempre maggiore insofferenza verso l'altro.
Basta vedere con quale "gioia" i vicini di appartamento si incontrano per una riunione di condominio, pensare alla circospezione con la quale ci guardiamo intorno su un mezzo pubblico o il fastidio dei bambini che giocano o di un gruppetto di giovani che urla.
- Poi la chiusura nel nostro orticello ci spinge a sentirci meno protetti, perché partiamo dal presupposto che l'altro non si interrogherà su una nostra sofferenza, e facilemente non la vedrà nemmeno. Daltronde, così, facciamo anche noi.
- É in questa paura cresciuta nella nostra solitudine che si alimenta la nostra insicurezza. Questa non si batte con norme o azioni di polizia.
Per costruire una politica di sicurezza perché non iniziamo ad alimentare pratiche di solidarietà, di crescita di relazioni, perché non inizamo a vivere di più con quelli che sono accanto a noi e magari anche a fidarci di loro?
6 commenti:
La sfiducia verso tali categorie è fortemente alimentata dai media e dalla demagogia imperante italiana. Non è un problema di scarsa sensibilità, ma, purtroppo, di scarsa cultura. In nessun altro paese avrebbe avuto un tale successo una campagna demagogica come quella alla quale abbiamo appena assistito, dobbiamo semplicemente ammettere di essere un popolino ignorante che ama salvaguardare il proprio orticello privato, a scapito di una società inesorabilmente in declino. Un approccio fuori da ogni logica, certo, ma è la torbida realtà intellettuale del popolo italiano.
perfettamente d'accordo con il tartarugo. E' la nostra solitudine che ci rende più insicuri. Il bunker dentro il quale ci stiamo rinchiudendo, che ci fa vivere l'altro, gli altri, come potenziali nemici e aggressori. La paura è dentro di noi. Più ci chiudiamo, più cresce l'insicurezza.
ti ho linkato e invito anche i tuoi lettori da me. Il mio ultimo post è "a tema"...
Paura? Sì, ho paura di loro, della loro furbizia e del loro menefreghismo nei confronti della legge.
Dovrei alimentare pratiche di solidarietà e favorire la relazione? Certo, una bella amicizia con una tribù di ladri è proprio quello a cui aspiravo.
Non si risolvono i problemi di sicurezza mandando via i rom, ma sicuramente si sta molto meglio.
Caro Anonomo,
quello che mi dispiace è la generalizzazione che fa di tutta l'erba un fascio.
Sei sicuro di stare meglio, cacciando chi è diverso da te? ammesso che sia possibile visto che molti Rom (un terzo del totale in Italia) sono italiani e quindi non c'è nessuna legge che potrà "cacciarli".
ah moviola, bisogna che lo aggiorni 'sto bloggete!
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